Inviato da Maria il 8 Ago 2012 in blog, briciole sul davanzale, pensieri come stoloni | 0 commenti
raccontare l’india? difficile.
Perchè l’ India è come il mare, grande. Perchè, come il mare, a guardarla in superficie è tutto uno sbrilluccichio di specchietti e perline, ma per capire non basta restare a riva a guardare i colori; bisogna calarsi dentro, praticamente affogare, per cercare di capire. E sott’acqua non si può parlare.
Delhi è un’alba livida, un cielo pesante, cani falchi corvi e maiali a razzolare negli avanzi di un genere umano a cui non avanza niente. Delhi è la dignità di madri-bambine che ti chiedono per i loro bambini, è la rassegnazione della esibizione delle deformità del corpo, nel chiedere all’angolo di strade invase da milioni di persone che non guardano niente.Delhi è quattrocentomila bambini di strada che vagano seminudi sotto improbabili manifesti che pubblicizzano elettrodomestici per case che non ci sono. Delhi è l’interrogativo occidentale:perchè attendere e attendere ancora, e non pretendere con la forza della rivoluzione?
E Agra è la crudele manifestazione di un amore o la maestosa esibizione di un dolore?
Profonde contraddizioni di difficile approccio per l’Occidente: come sposare la acuta modernità del seicentesco Osservatorio di Jantar Manthar con la impossibilità di trovare anche una sola sparuta stella negli inquinatissimi cieli della città? Come capire il Janana Bag, il giardino delle donne,se fuori le vedove lavorano al trasporto sul capo di contenitori di cemento al servizio dei muratori? Come fondere le dorate navi volanti della farneticante mitologia jainista col pragmatico potere espresso nel disegno geometrico dei giardini moghul? Come convivono nello Sherkawati, lunghi chilometri di desertico confine col Pakistan, tranquilli cammelli e carri armati celati sotto reti mimetiche?
Stelle rimaste intrappolate nelle reti della mia memoria: il palazzo di Padmini e l’incontro degli specchi, gli occhi sereni della educatrice nel Children Village, il vecchio che nei vicoli di Jodpur mi regala un pugnetto di zucchero e erbe sante, la bambina e il suo disegno alla torre della vittoria di Chittorgarh,la serenità del restauro della haveli di Nadine le Prince a Fatehpur, le lampade riflesse sull’acqua del lago a Udaipur, la pira funeraria sul Gange.
L’India è come il mare, grande, profonda, inafferrabile, ricca di tesori e gelosa dei suoi tesori, forse fatta da tutte le lacrime del mondo e,come il mare, impone rispetto e paura a chi la conosce.
“…è ancora una sfida, una prova o un vecchio sogno?”….voglia di partire.