Non devi essere buono.
Non devi camminare sulle ginocchia
Per centinaia di miglia nel deserto, per espiare.
Devi solo lasciare che il delicato animale del tuo corpo ami ciò che ama.
Parlami della disperazione, la tua, e io ti parlerò della mia.
Intanto il mondo va avanti.
Intanto il sole e le luminose perle di pioggia si stanno spostando attraverso il paesaggio,
sopra le praterie e gli alberi profondi, le montagne e i fiumi.
Intanto le oche selvatiche, alte nella pulita aria blu, di nuovo si stanno dirigendo verso casa.
Chiunque tu sia, non importa quanto solo ti senta, il mondo si offre alla tua immaginazione,
ti chiama come le oche selvatiche, stridenti ed eccitanti –
annunciando ripetutamente il tuo posto
nella famiglia delle cose.
…sono passate qualche giorno fa nel mio cielo, le oche selvatiche, rumorose, impavide nel loro volo altissimo,solidali nel continuo cambio della formazione perchè nessuna abbia da stancarsi più delle altre, perchè nessuna rimanga indietro…in una giornata grigia, un piccolo momento di trascurabile felicità.
(storia di chi fugge e di chi resta:
L’albero e gli uccelli
All’uscita del campo e della foresta, che era autunnalmente spoglia e aperta alla vista, come se fosse stato spalancato un portone per dare accesso alla sua vacuità, cresceva bella e solitaria, unica fra gli alberi ad aver conservato il fogliame intatto, una rugginosa, fulva pianta di sorbe.
Cresceva su un rialzo fangoso del terreno e protendeva verso l’alto, fino al cielo, nella plumbea oscurità dell’intemperie che precede l’inverno, i piatti corimbi delle bacche indurite.
Gli uccelli invernali dalle penne chiare come le aurore del gelo, fringuelli e cingallegre, venivano a posarsi sul sorbo, beccavano lentamente, scegliendole, le bacche più grosse e, sollevando i capini, allungando il collo, le inghiottivano faticosamente.
Fra gli uccelli e l’albero s’era stabilita una sorta di viva intimità.
Come se il sorbo capisse e, dopo aver resistito a lungo, si arrendesse, cedendo impietosito:
– Che posso fare con voi! Ma si, mangiatemi, mangiatemi pure. Nutritevi. E sorrideva.
(Boris Pasternak)
La condivisione…il gioco dei ruoli…” affinchè nessuna si stanchi più delle altre..”
Ogni volta davanti al “mondo animale”…un’inchino.