Inviato da Maria il 23 Ott 2012 in blog, la serra delle parole | 2 commenti
“…esiste una strana forma di credenza, che io chiamo “animismo del giardiniere”. contemplando una pianta rachitica del nostro giardino diciamo:”Ha sete” oppure “Ha fame”e corriamo al capanno a cercare un innaffiatoio o una palata di concime. Arriviamo persino ad affermare cose come:”Questa rosa è abbastanza freddolosa”, oppure”Non ama il sole forte del Sud”. E così via. Il giardiniere- che sia il proprietario di un parco o l’orticoltore della domenica di qualche sobborgo di grande città- si rende conto di essere un “essere vivente” in mezzo a “esseri viventi”. Mediante ciò che fa rinnova il legame perduto con il selvaggio che sonnecchia nell’uomo civilizzato”
Cosa c’è di strano nell’animismo del giardiniere, cara giardiniera-e-molte-altre-cose?
Siamo esseri viventi in mezzo ad esseri viventi, certo, e il fatto che noi siamo fisicamente animali e parliamo e scriviamo mentre le piante sono vegetali muti e immobili sono differenze (secondo me) in un certo senso secondarie. Differenze esteriori molto evidenti, certo, ma dentro, nel profondo delle reciproche “anime” umane, animali e vegetali, c’è, secondo me, una sostanziale unità di essere. Siamo tutti Vita, io, te, le rose del tuo giardino e i plumbaghi del nostro giardino di Sanremo, e questa Vita condivisa da tutti ci unisce e ci permette di comunicare reciprocamente, noi e le “nostre” piante. E conoscendole riusciamo – quasi sempre – a capire cosa ci dicono nel loro linguaggio, esattamente come riusciamo a capire cosa ci dicono i nostri animali, tu capisci Amalia io capisco Codamozza, tu capisci la tua rosa io capisco il mio plumbago. Mi pare ovvio.
mio caro, è ovvio a noi, ma purtroppo assolutamente estraneo ai più…e questo si legge continuamente nella realtà che ci circonda….”che bello spazio, avresti potuto farne un grandissimo parcheggio….”…allora vale la pena cercare consolazione nei pensatori dell’800, come Iorn, no?